Un de tri, tri de un

Dietro i testi di Favaron, che stabiliscono un percorso non tutto omogeneo (e tuttavia legato all’assoluta inconsistenza dell’essere), si avverte (nonostante le desultor ie presenze angeliche, tra Rilke e Klee) una disperata e antimetafisica necessità di dire.

Una necessità che distingue i poeti ver i, capaci di mettere a repentaglio la propria vita(“’na esse/ che no’ se drizza”). Nessuna “tera nova”, nessuna annunciabile “apocalisse”.

Al di là dei nomi espliciti, le note distinguibili vanno da Qohélet a Leopardi. Il poeta prende la parola per dire qualcosa che s f ronda l'irrisarcibile vanitas e che ci mette di fronte alla realtà dei fatti e alla follia dei nostri domestici carnevali: la follia, la morte, i morti, l’enorme consistenza del non esistere , la cupa dimestichezza – e anche la scienza metaforica e visionaria – del la nostra con dizione umana interpretata da un poeta che sa guardare oltre le apparenze.

Giovanni Tesio

 

 

 

Copertina Clorinda Biondi – ufficio grafico Atì

Anno 2011 

Pagine 202

Euro 15

ISBN 978-88-89456-41-5 

 

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